C’è un tempo per il lavoro e un tempo per la pausa. C’è del tempo da donare, c’è del tempo da tener per sé. A volte pensiamo di avere del tempo infinito da gestire cestinando minuti, ore, giorni. Ma il momento è lì, in quell’istante si avvera nel “reale”. È tutto così vero in quel momento che è impossibile poter riposare. E tra le tante attività che ci regaliamo nelle giornate come visitare un parente, incontrare un amico, praticare uno sport e tanto altro, c’è quel regalo che tanto stentiamo a farci: prendere un periodo di pausa. E l’estate è proprio il periodo giusto per pensare ad uno spazio di pausa. In realtà noi lo immaginiamo come un momento nel quale fare l’impossibile, tutto quello che la vita “ci ha tolto”. Ma cos’è una pausa? Charles Bukowski ce lo descrive egregiamente.
Charles Bukowski - Uno spazio di pausa
Uno spazio di pausa
devi averne uno, altrimenti le pareti ti schiacceranno.
Devi mollare tutto quanto, gettarlo
via, liberarti di tutto.
Devi guardare ciò che guardi
o pensare ciò che pensi
o fare ciò che fai
oppure non fai,
senza pensare ai vantaggi
personali,
senza accettare la guida di nessuno.
La gente si consuma per
la fatica
si nasconde nelle abitudini
comuni.
Le sue preoccupazioni sono
le preoccupazioni del gregge.
Soltanto pochi sono capaci di fissare
una vecchia scarpa per
dieci minuti
o di pensare a cose strampalate
tipo chi ha inventato
il pomello della porta?
Le persone perdono il senso della vita
perché sono incapaci di
fermarsi,
di disfarsi di sé stessi,
di sciogliersi,
di smettere di vedere,
di disimparare,
di mettersi in salvo.
Ascolta la propria falsa
risata, e poi
puoi andar
via.
E allora cos’è fermarsi? Dedicare del tempo a sé? Oppure nascondersi a sé e sentire un nuovo vento? L’estate diviene il periodo giusto per divertirsi e godere dei propri desideri, godere del mondo che ci circonda e ci è stato regalato. E Montale ci porta, con la poesia, ad osservare l’arrivo di questa stagione così tanto attesa.
Eugenio Montale - Meriggiare pallido e assorto
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
Che voglia di andare al mare o in montagna, di prendersi una pausa!
Ma a sorprenderci, c’è la notte del 10 agosto, San Lorenzo, che ci invita a guardare il cielo.
Vi siete mai soffermarti a vedere il cielo d’estate? Vi siete mai persi in quell’ammasso apparentemente
confuso di stelle? Siete rimasti mai ammaliati da quei puntini così lontani? Vi siete coccolati o amati sotto quella coperta di luce?
Fermarsi a guardare le stelle può divenire un altro momento di pausa, che ci permette
sia di connetterci con un mondo “superiore” facendoci vivere una specie di nostalgia
dell’infinito (come ci dice Hermann Hesse nella sua “Così vanno le stelle”)
sia di sentirci in contatto con la natura che, anche in un momento buio,
ci dona l’idea che ci sia qualcosa di molto più grande di noi (come ci descrive Giuseppe Ungaretti in “La notte bella”)
Hermann Hesse - Così vanno le stelle
Così per la lor via vanno le stelle,
incomprese, immutabili!
Tu, mentre noi ci dibattiamo in vincoli,
di luce in luce ascendi.
Tu, la cui vita è tutta di splendore!
E se dalle mie tenebre
devo tendere a te braccia nostalgiche
sorridi e non m’intendi.
Giuseppe Ungaretti - La notte bella
Quale canto s’è levato stanotte
che intesse
di cristallina eco del cuore
le stelle
Quale festa sorgiva
di cuore a nozze
Sono stato
uno stagno di buio
Ora mordo
come un bambino la mammella
lo spazio
Ora sono ubriaco
d’universo
E giunti alla fine del viaggio, siamo giunti all’apice della nostra stagione amata! Si parte! Si abbandona per un attimo la vita “di tutti i giorni” e si imbocca il sentiero “vacanza”. È Ferragosto, considerato idealmente il nucleo dell’atomo “Estate”. E Gianni Rodari ci fa volare tra il mare e la montagna: la vacanza è sacra e Gianni ne è il Presidente!
Gianni Rodari - Ferragosto
Filastrocca vola e va
dal bambino rimasto in città.
Chi va al mare ha vita serena
e fa i castelli con la rena,
chi va ai monti fa le scalate
e prende la doccia alle cascate…
E chi quattrini non ne ha?
Solo, solo resta in città:
si sdrai al sole sul marciapiede,
se non c’è un vigile che lo vede,
e i suoi battelli sottomarini
fanno vela nei tombini.
Quando divento Presidente
faccio un decreto a tutta la gente;
“Ordinanza numero uno:
in città non resta nessuno;
ordinanza che viene poi,
tutti al mare, paghiamo noi,
inoltre le Alpi e gli Appennini
sono donati a tutti i bambini.
Chi non rispetta il decretato
va in prigione difilato
Buone vacanze a tutti e che la lettura vi accompagni!